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Il caso “Piracy Shield”

Autorità & Indipendenza sul campo del CopyRight

Cosa potrà mai andare storto ?!?” La domanda – retorica, e senz’altro sufficientemente insidiosa – riguarda quel che è accaduto e – nel momento in cui scriviamo questo breve appunto – sta accadendo in Italia sul caso “Piracy Shield” e tutto quello che è stato fatto per arrivarci… Una riflessione è d’obbligo. Innanzitutto perchè – da statuto – l’associazione Prosumer APS (art. 2.3) “[…] persegue, compatibilmente con la propria natura, […] (lett. ‘h’) la lotta ed il contrasto a fenomeni correlati alla distorsione dei mercati di prodotti e/o servizi, quali […] (n. 3) l’utilizzo comunque abusato della proprietà intellettuale; […]”. Adesso, che un’Associazione – ed in particolare un’Associazione di Consumatori – si debba porre il problema dell’abuso del diritto d’autore, è cosa nuova, e non solo in Italia, dove senz’altro ogni scontro e dibattito, ove non di retroguardia, è ormai relegato alle retrovie. Eppure la tutela DEL diritto d’autore passa anche attraverso la tutela DAL diritto d’autore. Bilanciamento che, nel tempo, era ben noto ai rappresentanti delle opposte fazioni che hanno avuto il compito di regolamentare una coperta inizialmente molto stretta. Tuttavia a ben guardare ciò che avviene oggi, è evidente che la fiamma che animava i difensori dei diritti civili e movimentisti della prima ora si è sopita, quando non propriamente estinta.

La salvaguardia DEL diritto d’autore passa per la salvaguardia DAL diritto d’autore

Il Piracy Shield è una piattaforma tecnologica progettata per contrastare la pirateria online, in particolare la diffusione illegale di eventi sportivi in diretta streaming, consentendo ai titolari dei diritti di segnalare siti web o indirizzi IP che trasmettono illegalmente i loro contenuti. L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCom) può quindi emettere un ordine cautelare per bloccare l’accesso a tali siti o indirizzi IP da parte degli utenti italiani (presso i fornitori di servizio o ISP). La piattaforma è stata oggetto di critiche per la sua potenziale imprecisione nel bloccare siti web. Il caso più eclatante – per il momento (…) – è stato il blocco di alcuni domini di Google tra sabato 19 e domenica 20 ottobre 2024, che ha causato disagi ad utenti – tra cui anche Università ed Enti di Ricerca – che utilizzavano servizi di cloud o che al cloud di Mountain View di si appoggiavano.

Che la questione del Piracy Shield balzi all’onore delle cronache solo perchè nelle fitte maglie vi è incappato uno dei più grandi player (se non il più grande in assoluto) sulla scena mondiale, è un evidente beffa del Destino. Che si deve però accogliere di buon grado, dando la possibilità di guardare e parlare all’altra metà del cielo… La storia del CopyLeft – nato come gioco linguistico in antinomia del termine anglosassone CopyRight – è strettamente intrecciata con lo sviluppo del software libero e con la nascita di internet, orientativamente tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80. La genesi del movimento evidenzia certamente un’inversione di prospettiva nel modo di gestire i diritti d’autore. Inutile dire che in Italia sono arrivati solo flebili riverberi di una discussione che, col passare degli anni – grazie anche e sopratutto all’opera di personaggi del calibro di Richard Stallman, Linus Torvalds, Eric S. Raymond, David Turner ed altri -, ha costruito “tasselli” fondamentali per l’architettura del software libero, come la FSF – Free Software Foundation. Stallman ha creato la GNU General Public License (GPL), la prima licenza copyleft, come strumento legale per proteggere la libertà del software. La GPL si basa sul diritto d’autore, ma con una clausola fondamentale: chiunque modifichi e distribuisca un software concesso sotto licenza GPL deve farlo sotto la stessa licenza, garantendo così che il software rimanga libero.

Il CopyLeft incoraggia la collaborazione e la condivisione, permettendo a chiunque di contribuire al miglioramento e all’evoluzione di un’opera: rappresenta dunque una sfida al modello tradizionale di CopyRight, basato sulla restrizione e il controllo, proponendo un approccio più aperto e partecipativo alla creazione e alla diffusione della cultura e dell’innovazione in tutti i campi. Sarebbe una soluzione strategica per un mondo – quello “occidentale” – in forte declino demografico e politico, per gestire la complessità di un mondo sempre più complesso ed in competizione, dominato da conflitti ibridi che mettono a rischio la sicurezza stessa dei Consumatori: attraverso “modelli aperti” sarebbe molto più semplice attuare a tutti i livelli controlli per l’analisi dei processi e dei prodotti, a vantaggio dei Consumatori e della fiducia, potendo contare oggi sull’utilizzo di tecnologie avanzate che possono – almeno in parte – sostituire o solo affiancare l’opera dell’essere umano.

attraverso “modelli aperti” sarebbe molto più semplice attuare a tutti i livelli controlli per l’analisi dei processi e dei prodotti, a vantaggio dei Consumatori e della fiducia

Sebbene nato nel mondo del software, il CopyLeft si è gradualmente esteso ad altri settori, come l’arte figurativa, la musica e la letteratura. Questo processo è stato favorito dallo sviluppo di internet, che ha reso più facile la condivisione e la collaborazione su opere creative. Lo stesso Prosumerism(o)-C moderno deve – per la sua genesi teorica – molto al concetto di CopyLeft ed alla filosofia sottostante. E’ indubbio inoltre che oggi, la diffusione di cultura, tecnologie e risorse potrebbe essere favorita dallo scambio di informazioni sotto licenza GPL o CC.

Tuttavia ciò avveniva molto a rilento negli anni passati ed oggi pare non avvenga affatto: La coperta si è fatta molto più grande, ma nel frattempo il rapporto di forze in gioco è variato a dismisura…

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